Ottobre 2022
Mia mamma cantava. Sentivo a casa l’eco della sua voce in tanti momenti della giornata.
Al mattino era fonte di conforto, di sicurezza, di protezione accurata e affettuosa.
Alla sera era appagamento, coccola e pace. Ecco perché io ho sempre cantato. E attraverso il suono della voce ho espresso le mie più profonde emozioni. Le mie paure e la mia gioia di vivere.
Poi un giorno accade qualcosa che cambia la mia visuale: incontro il Coro della Collina per caso (in realtà accompagno la mia amica Maria Vittoria) e me ne invaghisco. Avete presente la sensazione delle farfalle nello stomaco? Ecco, quello ho provato.
E mi sono chiesta: ma perché uno dovrebbe cantare in un coro? Già, perché? Perché l’idea di condividere una vibrazione del cuore (e della corda vocale), uno stato d’animo, un’emozione, una contrarietà (succede) oppure una gioia (succede anche questo) con gli amici coristi e con il direttore è una sorta di carburante benefico. Nello scambio di energie c’è l’aspetto più intimo del canto
corale. Ho sentito una rinascita, dopo anni di paura di morire, terrore, angoscia e buio. Ora che lo faccio, a poco a poco ed ogni volta che incontro i coristi del Coro della Collina ogni giovedì, e, seppur solo per due “esibizioni in pubblico”, lo sto comprendendo. Tutti insieme guardiamo verso la stessa parte, con un intento comune: il canto che fa star bene.
Armonie che esaltano le singole originalità. Chi sorride, chi si emoziona, chi spinge la voce, chi sussurra, chi grida, chi tace, chi rumoreggia, chi evade, chi guida e chi si fa guidare, chi gnè gnè gnè e chi oh oh oh…tutti lì insieme, uniti in coro.
Ed ora…che sia benedetto il canto nel coro!
Maria Cristina