Le trasferte


Val Pusteria 23-24-25/06/2017


Fra le tante esperienze avute con il Coro, quella che mi ha colpito più di tutte sia emotivamente che per lo scambio culturale è di certo la partecipazione al Festival dei 100 cori in Val Pusteria.
Ricordo tutta la preparazione e l’afflato prima di partire da parte di tutti i coristi.
Certo è, tutto potevamo fare, tranne…. la preparazione ad entrare nello spirito culturale e filosofico delle popolazioni ladine dell’Alto Adige… Immaginate una mandria di romani caciaroni che si trovano proiettati improvvisamente da un pullman risto/bar cantereccio ad un albergo sacro e silenzioso, con tutti i balconcini in legno e fiori colorati e lui….

sì, lui…il proprietario; discendente dell’Impero Austro-Ungarico che ci attendeva davanti alla porta dell’albergo con il suo “physique du rôle” (tipico dei soldati imperiali: alto, biondo, occhi azzurri e…. baffetti a spazzolino) che non lascia speranze a nessun tipo di trattative riguardo rette comportamentali da tenere.
Ancor prima di scendere, una volta aperte le porte del pullman, sentimmo la voce di Franz (ebbene sì questo era il nome del proprietario) con declinazione Italo tedesca e perentoria: “È qvesta l’ora di arrivare?” Ebbene sì, ricevemmo il primo cazziatone ancor prima di toccare con piede il suolo altoatesino.
Una volta prese le valige e messi in riga come soldati, Franz cominció ad elencare tutto quello che potevamo fare e non fare all’interno dell’albergo…. Una cosa era vietatissima (pena plotone di esecuzione in piazza difronte ai 100 cori) entrare in
salone da pranzo o cucina dopo le 20:00, orario di chiusura. Si, mangiavamo alle 18:30.
Detto ciò ed educati forzatamente tramite una full immersion educativa Val pusteriana, cominciammo da subito la nostra esperienza corale. Tre giorni fantastici, il secondo in particolare. In questo giorno rientrati da un concerto, alle 22:30 circa, prima di risalire in camera, io con il maestro Dodo, Giacomo con la moglie Chiara, Marco Nardis ed altri coristi che non ricordo, ci fermammo a fare due chiacchiere nella hall dell’albergo. Ci fermammo a lungo e la fame cominciava a pizzicare i nostri stomaci (immaginate voi, la cena delle 18:30..). Tra una chiacchiera ed un’altra ad un certo punto Giacomo disse: raga… chi ha fame?
Il silenzio caló tra di noi e gli sguardi da lupi affamati s’incrociavano . Un macigno però pendeva sulle nostre teste, il DIVIETO assoluto di entrare in cucina.
Preso da uno spirito sadico e coraggio da codardo, dissi a Fantoz mhmhbr a Giacomo: vadi lei in cucina.
Senza farselo ripetere due volte, Giacomo lemme lemme si diresse verso la sala da pranzo, mentre tutti noi con ansia e seduti sui divani, lo seguivamo con lo sguardo.
Apre la porta ed entra. Secondi interminabili, Giacomo non usciva, il brusio si diffondeva nell’hall, sguardi impauriti e visi pallidi tra i coristi, attimi interminabili. La stasi venne interrotta dalla voce squillante di Chiara (la moglie di Giacomo) che saltellando su di un piede, con le mani raccolte sotto il mento, ed il sorriso raggiante a mostrare una dentatura impeccabile dice: ragazzi ho il marito eroeee….

Naninaninani oddio l’allarme della cucina. Via via via via, come ratti scoperti dal gatto, chi a sinistra chi a destra chi faceva le scale tre a tre per salire in camera come il sottoscritto e Dodo, ridendo come dei pazzi, scappammo lasciando il povero Giacomo e la moglie nel salone. La ridarella prese tutti fino al giorno dopo prima d’incontrare Franz…. A voi lascio immaginare le conseguenze….

Enzo Cardogna